Il sistema di identificazione di un individuo si presenta non privo di variazioni da un popolo a un altro, e andò soggetto a molte transformazioni nel corso dei secoli.
I popoli indoeuropei si servivano, ad eccezione dei Latini e degli Osco-Umbri, di un solo nome per designare una persona. Si trattava di nomi “transparenti”, cioè formati com parole della lingua parlata aventi un sgnificato chiaramente percepibile: in pratica erano composti appositamente per il singolo individuo e, data la ricchezza di ogni lingua, il numero dei nomi era illimitato, si potevano verificare casi di omonimia, per l’uso corrente di riutilizzare il nome di avi o per la particolare fortuna incontrata da questo o quel nome; ma comunque erano meno frequenti che nel tardo Medio Evo, o di quanto non avvenga oggi. Perciò il sistema rispondeva sufficientemente allo scopo.
Anche i Latini pare definitivamente accertato che in antico si servissero di un solo nome, ma in età repubblicana gli uomini liberi si attenevano alla formula praenomen + nomen + cognomen: Caius + Iulius + Caesar.
Il “praenomen” era l’odierno nome di battesimo, ma era usato soltanto da persone di confidenza. Veniva imposto al bambino a nove giorni dalia nascita e diventava ufficiale dopo l’assunzione della toga virile. Erano adoperati solo 16 o 17 nomi in tutto: e questo ci spiega perchè i Latini sentirono il bisogno di altri appellativi per la distinzione dell’individuo.
Il secondo attributo, il "nomen", indicava la "gens" di appartenenza: "Iulius" significava che colui che lo portava era un discendente della famiglia Giulia, il cui capostipite mitico fu Iulo, figlio di Enea.
Il “cognomen” fu il più tardo dei tre appellativi a consolidarsi nell’uso: si fissò soltanto com l’età di Silla, e per molto tempo rimasse privilegio delle famiglie più signorili. Era un po’un soprannome, attribuito ad una singola persona o per sottolineare una caratteristica o un difetto, che poi rimase ereditario come il “nomen” designante la “gens”.