Il trasporto degli emigranti verso l’America e l’Australia ebbe inizio tra la fine del secolo XIX e il principio del XX. Un esempio tra i più vergognosi di esplorazioni umane della storia. Era un semplice business ed i capitani delle compagnie di navigazione cercavano milliardi di italiani sognatori. C’erano pubblicità ingannevoli con promesse di viaggi confortevoli in una crociera meravigliosa con destinazione in paradiso. “Il business di tonnellate umane” nelle parole di Gian Antonio Stella nel suo libro “Odissee, Italiani sulle rotte del sogno e del dolore”.
Quale delusione quando i nostri antenati trovarono invece nave precarie, vere “negriere”, sporche, senza minima garanzia igienica, senza bagni e senza nemmeno l’aria fresca in terza classe. Sopracariche, sorpassando di molto il numero accettabile di passeggeri: dove dovevano essere 50, c’e ne erano invece 300 o più, tutti insieme, rovinati, senza posto, uno sopra all’altro durante tutto il viaggio che poteva essere di 46 giorni o più. Tanti come dimostra la raccolta di Emilio Franzina Merica! Merica!, facevano luccicare gli occhi e mettevano la febbre addosso a chi accarezzava l’idea di partire, come quella dell’udinese Vittorio Petrei il quale scriveva al padre rimasto a Cavalicco che “in America non si muore di fame, si mangia pane fresco e carne fresca e ucceli in quantità che Italia no ge ná” e che “qua noi altri siamo sicuri di far soldi e non abbiamo dispiacere di lasciare la polenta che qua si mangia buona carne e buon pane e buoni uccelli. I Signori di Italia diceva che in America si trovano bestie feroce, in Italia sono le bestie che sono i signore”.