Lo Stemma

Consapevoli di tale ostacolo, vogliamo eliminarlo procedendo alla chiarificazione dei passaggi più oscuri. Innanzitutto una premessa che giustifichi le incomprensibilità del nostro linguaggio: l’araldica, per le sue esigenze intrinseche ha bisogno di strema semplicità e scorrevolezza, requisiti questi richiesti sia agli elementi del blasone, sempre leggeri e stilizzati, sia al linguaggio appunto, che in nome di una maggiore scorrevolezza deve sopprimere alcuni termini.

Uno di questi è la parola “colore” che non compare mai nella descrizione di un’arma, ma che pure è indispensabile sottintendere. Per esempio, nel nostro caso le espressioni “d’argento” e “di rosso”, non avrebbero senso se non dovessimo integrarle e leggere più chiaramente “di colore argento” e “di colore rosso”. Ecco quindi uno degli espedienti che soccorrono la scienza araldica.

C’è ancora un termine che non compare mai esplicitamente nella descrizione e che forse è più difficile immaginare; prendiamo per esempio l’espressione iniziale della descrizione del nostro stemma, “d’argento”; non sappiamo a cosa questo si riferisca.

Tuttavia perfino chi non há alcuna dimestichezza com le cose araldiche può intuire che si intende parlare del “campo”, ossia del fondo dello stemma, sul quale si applicano le pezze.

Un’ultima cosa rimane da spiegare, e più che spiegare diremmo notare, dato che è abbastanza evidente di per sè ad una semplice lettura: l’ordine araldico vuole che si blasoni prima il campo, poi la pezza principale, seguita dagli elementi secondari, qualora ve ne siano, i quali in genere non superano il numero di tre.

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