Il bianco è ancora emblema di nobilità di natali e di grande dignità, perciò erano realizzate in questa tinta le bende sacrali dei re e le toghe dei candidati. L’argento serve anche a denotare l’eloquenza di un cittadino, l’umiltà e la santità di un sacerdote, la verginità fisica e morale, la temperanza, la verità ed altre virtù cristiane, come pure allegrezza ed abilità.
Com tanti significati sembra che l’argento produca nell’araldica più confusione che altro; ma com un po’di attenzione si noterà che l’argento assume diversi significati secondo la tinta com cui è unito.
Il Capaccio, nella sua opera “Delle Imprese” parla di altri simboli che il bianco può offrire, per esempio libertà perduta, a causa della “carta bianca” che il vinto cede al vincitore; crudeltà, perchè i poeti rappresentarono Medea com le mani gessate; dolore, perchè il bianco era il colore del lutto delle vedove greche.
Noi riteniamo però, e seguiamo in questo l’opinione di Goffredo di Crollalanza, il cui nome è di indiscussa autorità in fatto di blasonica, che aderendo a quei principi interpretativi si finirebbe com il far rappresentare al bianco, e quindi all’argento, ogni vizio ed ogni virtù e di conseguenza assolutamente nulla.
Quelli riportati dal Capaccio non sono veri e propri simboli, bensì metafore, usate da qualche popolo in qualche circostanza, che non si ritrovano in tutte le nazioni; insomma, manca loro il requisito essenziale all’esistenza del simbolo, quello cioè di essere universale.